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Storia di un romanzo

 

Quanti hanno scritto un romanzo perchè si sono alzati la mattina e hanno deciso di farlo? Non molti, ne sono certo, e probabilmente meno persone ancora lo hanno fatto per via di un sogno. Nel mio caso sono successe entrambe le cose...volete scoprire il mio sogno?

Il Sogno

 

Mi svegliai di soprassalto una mattina di inizio febbraio, non fosse per il caldissimo piumone giurerei di aver sentito la morsa del fredd fin dentro le ossa. Il sogno che mi ha tolto il sonno non se ne vuole andare dalla testa e mi chiedo perchè mai la mia mente abbia generato quelle strane immagini. Ripenso più volte agli avvenimenti del giorno prima ma non trovo collegamenti "un film in tv? no...una storia letta su qualche rivista?no...cavolo non si può neanche sognare in pace...so già che ci rimuginerò sopra tutto il giorno".  e infatti tutto il giorno tenni in mente quelle immagini, non riuscivo a cacciarle via! finchè la sera al lavoro non ne parlai con due colleghi illustratori che molto semplicemente mi dissero "se hai proprio il dubbio mettilo su carta, vedrai che se quel sogno significa qualcosa allora si completerà man mano che lo scrivi" 

Il Traliccio
 

E così feci il giorno successivo, scrissi del paesaggio polare, delle forti raffiche di vento e della neve che mi sbatteva in faccia. Scrissi della strana casetta in cui abitavo, da solo,in quella landa desolata. Poi ricordai il motivo per cui ero li, il mio compito era sorvegliare qualcosa di fondamentale per l'esistenza umana...ma cosa? "che sogno strano, che stia perdendo la mia sanità mentale?bah...ma certo! il traliccio!" e mi venne in mente, il traliccio, un'ammasso di ferro che di notte saliva in cielo estendendo una barriera a protezione della terra, ma in quella notte qualcosa era andato storto. Il traliccio si era innalzato poche ore prima come da routine ma nel tornare giù in terra la sua traiettoria era deviata, e mi stava venendo addosso "oh Dio, ho sognato pure gli effetti speciali...bisognerebbe farci un cortometraggio" lo vidi rotolare lungo la discesa che portava dritto a casa mia, mi infilai dentro l'abitazione sapendo che di speranze ce ne erano ben poche eppure lo sentii passare sopra la mia testa lasciandosi dietro lamiere e tranci di metallo. Ma ciò che mi fece davvero spaventare non fu questo incidente...

L'alieno

​

Non appena il frastuono provocato dalla torre di ferro tacque, mi avvicinai alla piccola finestra con grate posta sul muro. Sbirciai fuori e vidi pezzi di lamiera e tronchi di ferro sparsi in ogni dove, e poi vidi lui. Un essere nero, totalmente nero, brillava leggermente illuminato dalla luna e la sua forma umanoide era celata da quella strana tuta aderente che ricopriva ogni lembo della sua pelle "se mai ne avesse di pelle..." lo vidi avvicinarsi alla casetta con in mano una pallina anch'essa nera, che proiettava fasci di luce rossa sul terreno a intermittenza. Lo scanner prima analizzò i detriti in terra, poi la mia abitazione e preso dal panico mi rifugia accanto la porta pesantemente blindata della casupola. Questo non lo fermò, lui voleva me! Lo sentii provare ad aprirla, poi incapace di buttarla giù accese qualcosa di molto simile a un frullino o una motosega, e iniziò a tagliarla come fosse burro. La mia fortuna fu che gli spari che seguirono poco dopo lo distrassero.

La Testuggine

 

Raffiche di colpi di pistola, mortaio, forse colpi di cannone. L'alieno non era più cacciatore ma preda. Lo sentii lasciar cadere a terra il suo strumento di scasso e iniziare a fuggire via, l'aria si impregnò del suono di fucili e altre armi che sembravano sparare fasci laser, poi la porta venne divelta e la luna illuminò la mia faccia spaurita <venga con noi immediatamente> sono le uniche parole che ricordo prima che un agente speciale, pesantemente corazzato, mi tirasse per un braccio e mi conducesse in un mezzo blindato. Del tragitto fino alla Testuggine non ricordo nulla, se non che i soldati intorno a me vestivano corazze molto strane e imbracciavano armi futuristiche. Una cosa però la ricordo bene, per entrare in quella base militare sprofondammo centinaia di metri sotto i ghiacciai artici.

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